Camera dei Deputati
XVII LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell’Assemblea
Seduta n. 245 di venerdì 13 giugno 2014
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la collega Fitzgerald Nissoli. Ne ha facoltà. FUCSIA FITZGERALD NISSOLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in via preliminare, dobbiamo segnalare che il provvedimento giunge all’esame di questo ramo del Parlamento senza che si sia potuto svolgere quell’esame attento che la natura degli interventi contenuti avrebbe meritato, ma almeno questa volta la sosta forzata è stata causata non da un iter difficile, quanto dal concorso di una serie di festività e dalle elezioni europee che hanno prodotto una sostanziale pausa dei lavori del Senato. Ci ritroviamo quindi, ancora una volta, a svolgere una mera attività certificatoria di un decreto che interviene su una molteplicità di materie e settori, ognuno con le proprie specifiche e i propri problemi, rinviando quelle modifiche, che pure lo stesso Governo ha ritenuto fondate, ad altre sedi e ad altri provvedimenti. Questo decreto-legge si inserisce nel solco di riforme economiche e istituzionali che il Governo ha avviato in questi mesi e finalizzato a contrastare le difficoltà ed il peso della crisi che sta gravando sulle famiglie italiane e, come tale, ha riscosso un generale consenso per gli obiettivi che si prefiggeva, anche se permangono alcuni dubbi circa la effettiva portata dei medesimi. L’obiettivo del Governo è stato chiaro sin dall’inizio: cercare di sostenere i consumi ed una domanda asfittica lasciando un bonus nelle buste paga di una ben individuata platea di percettori, quella, tanto per essere chiari, più direttamente colpita dalla «crisi della quarta settimana». Due sono i principali interrogativi di cui si diceva: il primo riguarda la platea dei beneficiari, in quanto il provvedimento ha escluso alcune categorie ugualmente meritorie, quali per esempio i pensionati, una parte del lavoro autonomo, gli incapienti e quella fascia di famiglie con figli ripescata in extremis e rinviata alle determinazioni della legge di stabilità.
L’altro interrogativo, più preoccupante, riguarda l’orizzonte temporale, nel senso che non sappiamo, oggi, se considerare questa misura una tantum o l’avvio di una modifica strutturale della tassazione delle buste paga dei lavoratori italiani. Su entrambi gli interrogativi saremo attenti e scrupolosi nell’esaminare l’azione del Governo.
Dal lato dell’offerta, cogliamo con favore il taglio dell’IRAP: anche in questo caso ne apprezziamo l’avvio, ma attendiamo interventi ancor più incisivi per rilanciare le nostre attività produttive. Sosteniamo questo provvedimento per dare forza al Governo nell’azione di rilancio del nostro sistema economico e sociale. Tuttavia, vorremmo una maggiore concertazione nell’individuare adeguate coperture e la loro effettiva portata. Possiamo condividere, infatti, l’innalzamento dell’aliquota sui redditi alti, e non su quelli bassi, di natura finanziaria e della tassazione della rivalutazione delle quote di Banca d’Italia, ma qualche dubbio lo solleva la rinegoziazione dei contratti dei beni e servizi della pubblica amministrazione che potrebbero avere delle ripercussioni sulla fornitura di servizi ai cittadini. In particolare, riteniamo fondamentale evitare che tali rinegoziazioni si traducano in una riduzione della quantità e qualità delle prestazioni di servizi socio-sanitari ed assistenziali e, quindi, di sostegno a persone e alle famiglie già in condizioni di fragilità. Inoltre, va detto che questa misura potrebbe determinare una contrazione immediata dei livelli occupazionali in ragione dell’altissima intensità di lavoro che caratterizza questo tipo di servizi.
Il decreto interviene anche sui debiti commerciali della pubblica amministrazione che, secondo le ultime stime, oscillerebbero tra i 60 e i 75 miliardi, rispetto ai 90 dello scorso anno. È una buona notizia, anche se bisogna dire che, per quanto riguarda il rispetto dei tempi, siamo ancora nell’ordine dei mesi e non dei giorni e che risulta ancora troppo elevata la massa dei debiti rispetto al PIL se confrontata con quella rilevata negli altri Paesi europei.
Un progetto di equità sociale: tagliamo spesa improduttiva, spesso opaca, per sostenere il reddito di quanti fanno fatica ad arrivare alla fine del mese, per far ripartire la domanda interna, i consumi, per ridurre il peso fiscale alle imprese.
Sono misure concrete, che rispondono esattamente alla drammaticità dei dati che abbiamo visto anche nel primo trimestre del 2014 e che insieme dobbiamo cercare di affrontare.
Sul lato delle entrate dobbiamo dire che, oltre alle coperture già citate, condividiamo, in via generale, la scelta di finanziare questo intervento riducendo strutturalmente la spesa pubblica, attraverso le centrali uniche degli acquisti, con la Consip, e per l’entrata a regime dei costi standard. Noi condividiamo questo approccio per rendere la nostra pubblica amministrazione più snella, meno invasiva e meno costosa, ma con le accortezze di cui ho accennato prima e con altre considerazioni che riguardano più da vicino la mia area di interesse. Mi riferisco cioè alla decisione di aumentare il costo dei diritti consolari per l’acquisto della cittadinanza. In un momento in cui la crisi è stata globale e ha colpito sia le famiglie di Roma che quelle di Buenos Aires, piuttosto che di Caracas o di New York, non ci convince la decisione di aumentare la tariffa consolare per il riconoscimento della cittadinanza italiana a 300 euro e per il rilascio del passaporto a 73,50 euro, oltre al costo del libretto, sia perché potrebbero essere mal percepiti dai nostri concittadini sia perché sappiamo che tali incassi non ritornano nelle casse consolari portando ad un effettivo miglioramento dei servizi offerti.
Effettivamente, se andiamo a vedere gli introiti derivanti dal rilascio di visti consolari, troviamo che dei 94 milioni di euro incassati, secondo i dati riferiti dall’ambasciatore Belloni in sede di CGIE (Consiglio Generale degli Italiani all’Estero), neanche un euro è rimasto nelle casse del MAE, per il miglioramento della rete consolare, ma sono andati a finire tutti nel calderone del MEF. Semmai, potremmo valutare l’opportunità di prevedere, al pari di quanto avviene, per esempio, per il visto turistico di entrata (14 dollari) o per quello di studio (120-220 dollari) negli Stati Uniti, l’esazione di un diritto di entrata per i cittadini provenienti da Paesi extraeuropei da destinare al funzionamento della nostra rete consolare.
Il nostro auspicio è, infatti, che gli introiti che deriveranno da questo nuovo tariffario siano strumentali a promuovere l’immagine e la cultura del nostro Paese all’estero e a sostenere le nostre comunità all’estero. In conclusione, signor Presidente, il nostro gruppo sosterrà questo decreto-legge, che seppur incompleto e parziale e con le criticità su esposte, ci auguriamo possa rappresentare, soprattutto attraverso lo spostamento del carico fiscale dal lavoro e dall’impresa alla rendita e alla riduzione della spesa pubblica, una opportunità per far ripartire il Paese, bloccato e stremato dalla crisi. Anche se, ancora una volta, il Governo ha trascurato la grande opportunità della rete degli italiani all’estero per aiutare la ripresa e non è certo chiedendo 300 euro agli italiani che hanno perso la cittadinanza per riacquistarla che si risolvono i problemi della crescita. Tuttavia, sono fiduciosa che i cittadini italiani all’estero avranno il giusto ruolo, anche in termini di rete, nei prossimi provvedimenti.